L’autore sostiene che l’istituto della rinuncia al diritto di proprietà debba essere visto e interpretato alla luce della funzione sociale attribuita a tale diritto dalla Costituzione. L’ammissibilità di detto istituto rischia di celare, dietro lo schermo del legittimo esercizio negativo di un diritto o dietro rivendicazioni libertarie, quello che in realtà può assurgere a un vero e proprio “abuso”, il cui unico fine sia quello di disfarsi di un bene divenuto scomodo. Il rischio è quello di avallare una concezione della proprietà privata quale manifestazione dell’egoismo del singolo soggetto privato da cui solo vantaggi, scaricando eventuali oneri e costi sulla collettività. Una concezione in contrasto sia con Cost. 42, che riconosce la proprietà privata indissolubilmente legata al perseguimento di una funzione sociale, sia con Cost. 2, che individua nel rispetto del principio solidaristico il pilastro fondamentale della convivenza democratica, certamente conculcato da condotte dismissive poste in essere su beni immobili considerati non più convenienti.