Tossicodipendenza e psicoterapia analitica

La cura con soggetti tossicodipendenti, soprattutto per ciò che riguarda i trattamenti analitici, è sempre stata considerata questione molto controversa, quando non francamente controindicata. Uno dei motivi che hanno spinto a ritenere la terapia analitica come improduttiva, se non quando francamente controindicata, è stato molto legato alla difficoltà che questo tipo di pazienti mostrano nel potersi attenere utilmente al setting, e alle regole che delimitano e permettono il dispositivo di cura, oltre la complessità degli elementi in gioco. Nel presente testo si avanzano alcune ipotesi che possono restituire alle competenze analitiche il ruolo centrale rispetto alla cura, mettendo a confronto alcuni dispositivi terapeutici come il gruppo monosintomatico, il setting duale, e il gruppoanalitico più classico. La tesi sostenuta è che sia più utile ragionare pensando l’intero processo di cura come passaggio integrato da un dispositivo terapeutico all’altro, in corrispondenza con le esigenze peculiari della fase temporale del percorso terapeutico. Si ritiene, cioè, che si possano e debbano ritenere indicati o controindicati non tanto un determinato tipo di dispositivo rispetto ad una particolare psicopatologia o ad un determinato paziente, quanto piuttosto che ad un determinato stadio di funzionamento mentale sia in un dato momento più utilmente corrispondente un determinato tipo di dispositivo, e che tale accoppiamento vada naturalmente evolvendosi nel corso del processo psicoterapico. La scommessa è, quindi, quella di riuscire a scegliere fase per fase della terapia analitica, il dispositivo più indicato per il paziente. A tale tesi si affianca nel testo una riflessione sui limiti e le possibilità, sulle risorse e le difficoltà che ciascun dispositivo pone. Parole chiave: gruppo monosintomatico, setting duale, gruppoanalitico.;

Calogero Lo Piccolo, Tossicodipendenza e psicoterapia analitica in "GRUPPI" 1/2000, pp , DOI: