La Resistenza difficile

Santo Peli

La Resistenza difficile

Edizione a stampa

21,00

Pagine: 144

ISBN: 9788846415745

Edizione: 3a edizione 2002

Codice editore: 1573.250

Disponibilità: Esaurito

Nel senso comune storico, continuano a circolare incrostazioni retoriche che alimentano una memoria unanimistica della resistenza, nonostante la ricerca storica, subentrando in modo sempre più rigoroso alla generazione dei protagonisti-memorialisti, abbia da tempo iniziato a sottoporre miti e certezze ad un'opera di verifica. Operazione che l'autore considera preliminare non certo ad un revisionismo liquidatorio, ma al raggiungimento di una maggior consapevolezza delle contraddizioni e delle lacerazioni vissute dai "resistenti", nel tentativo di recuperare le difficoltà, soggettive ed oggettive, del resistere, per apprezzarne fino in fondo, perché no, anche l'epicità.

Ai suoi esordi, la resistenza armata è caratterizzata da soggetti e da situazioni diversissime tra di loro: militari incerti e sbandati sorpresi dall'armistizio lontani da casa, prigionieri inglesi, russi, evasi dalla prigionia, gruppi di giovani decisi a sottrarsi alla leva militare della Repubblica sociale. Accanto ad essi, intellettuali e antifascisti militanti, lavoratori in fuga dalle requisizioni di manodopera per la Germania, e attivisti e quadri di partito, "bruciati" dal lavoro organizzativo, o scelti per orientare formazioni più o meno spontanee.

Le motivazioni del "salire in montagna" sono spesso di carattere contingente, o di breve durata, le più varie dimensioni e motivazioni individuali si intrecciano, si confondono. Il farsi della resistenza è un lungo e doloroso lavorio di distillazione, operato dalla durezza della vita partigiana, e dal progressivo definirsi della valenza politica, e non solo individuale, della scelta partigiana. Ma l'apporto della "politica", dei ricostituiti partiti politici, dei comitati di liberazione nazionale sarà però, soprattutto fino all'estate del '44, intermittente e discontinuo.

Come meravigliarsi che il passaggio ad un livello di maggiore omogeneità, e di consapevolezze ed obiettivi politico-militari "nazionali" sia lastricato di resistenze, fraintendimenti, scontri tra logiche, obiettivi, sensibilità diverse? E che senso può avere rimuovere la tortuosità, i costi di "formazione" e le mutazioni intervenute nel farsi della resistenza, come se si trattasse di pagine vergognose, o indicibili? Solo quando la resistenza rifiuta una parte integrante della propria vicenda, divengono "indicibili" molte scelte contraddittorie e drammatiche, molte pagine che di oscuro o vergognoso, in sé, non hanno nulla; vergognoso sarebbe relegarle a pure vicende individuali, di "miserie individuali", senza tentare di inserirle in un contesto più articolato, in una vicenda collettiva. Sedimenti retorici, aggiustamenti teleologici e rimozioni di momenti ritenuti imbarazzanti sono il più consistente ostacolo alla comprensione e alla valorizzazione dell'esperienza resistenziale; da questa convinzione è scaturita la scelta di analizzarne alcuni aspetti, che permettano il recupero di protagonisti e di questioni rimosse od espulse dalla visione canonica della Resistenza.

Come scriveva, una diecina di anni or sono, il compianto Tim Mason, " le storie canoniche, che espungono le dispute, i dubbi, le false partenze e le manipolazioni consustanziali alle lotte, quelle sì possono immiserire l'ispirazione ancor oggi ricavabile dalla Resistenza " .

Santo Peli , vive e lavora a Padova. Ricercatore, insegna Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze Politiche. Tra i suoi lavori: A. Camarda, S. Peli, La conflittualità operaia in Italia, 1900-1926 , Messina Firenze, D'Anna, 1979; A. Camarda, S. Peli , L'altro esercito: la classe operaia durante la Grande Guerra , Milano, Feltrinelli, 1980; S. Peli, Il primo anno della Resistenza. Brescia 1943-1944 , Brescia, Micheletti, 1994.



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