Ricercare storie e restituire racconti.
Leggere documenti e scrivere testi narrativi. Nel 1998 un «collettivo» di archivisti, con la collaborazione della Fondazione Mondadori e la partecipazione di Regione Lombardia, riflette su come raccontare i documenti. Si parla di contaminazione, di come misurare e miscelare verità documentale e narrazione muovendosi tra rispetto delle fonti e imperativi del raccontare, tra sensibilità archivistica e capacità narrativa. L’obiettivo è far conoscere e valorizzare le fonti archivistiche non solo attraverso convenzionali strumenti di corredo – guide, inventari, edizioni di fonti – ma utilizzando anche strumenti a corredo, come testi letterari. Si stabiliscono delle regole, al tempo stesso protocollo e galateo, che rendano rintracciabili e riconoscibili le fonti e i loro contesti all’interno della narrazione: le citazioni dei documenti, oppure l’utilizzo del patrimonio lessicale antico e dialettale devono essere non solo dichiarati ma anche resi evidenti. Se infinite sono le storie fra le righe dei documenti, alcune appaiono più storie di altre: possiedono un potenziale forte, che lascia intravedere una trama, uno sviluppo. L’intreccio spetta all’autore, che si muove nella terra
di confine tra l’adesione al vero – il linguaggio del documento – e le esigenze narrative – il linguaggio del racconto. Si narra, non si inventa. Gli archivi custodiscono storie e le carte, a volte, sanno raccontarle. Perché i documenti raccontano.