La generazione sopita. Fight Club di David Fincher

Titolo Rivista COSTRUZIONI PSICOANALITICHE
Autori/Curatori Alessandro Voltolin
Anno di pubblicazione 2001 Fascicolo 2001/1
Lingua Italiano Numero pagine 8 P. Dimensione file 20 KB
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Irresponsabile, eversivo, iperviolento, moralmente irresponsabile, manifesto di liberazione, capolavoro, dice di questo film la rivista americana Rolling Stone. Fight club è tutto questo. La cosa più interessante da un punto di vista narrativo è la complessa struttura del film, tipica nel genere del noir psicologico, studiata interamente in funzione della conclusione. La direzione presa da questo tipo di cinema rispecchia i caratteri marcatamente esistenzialisti di buona parte del cinema giovane ameri-cano. Con la caduta del muro di Berlino, la fine della guerra fredda e il conseguente declino dell’impero sovietico, l’ideologia comunista ha iniziato a perdere il riscontro pratico, la dimostrazione e l’illusione che il comunismo potesse funzionare è crollata, lo stesso è accaduto per i totalitarismi fascisti in tempi ancor più remoti. Le leggi di mercato, che governano l’economia mondiale, si uniformano sulla base di un sistema economico dettato dalle leggi di concorrenza. La mancanza di altri sistemi sociali ed economici sommata all’assenza di modelli ideologico-politici alternativi porta il pensiero del regista ad un'unica conclusione, il ritorno al passato remoto della civiltà, perché lo stesso progresso ha portato ad un totalitarismo subliminale, che ha annullato la capacità di scelta senza che ce ne accorgessimo.L’impossibilità di una libera scelta, decretata da un potere nascosto e impresentabile crea nei giovani yuppies descritti da Fincher un evidente disagio al quale loro stessi non sanno associare una causa e, necessariamente, ritrovano serenità nello scontro fisico, simbolo, nel film, di esperienza concreta e verità rivelata in opposizione alla menzogna nascosta del progresso così come viene da loro vissuto. Combattimento, quindi, come ritorno alle origini dell’uomo, quando scontrarsi presupponeva l’esporsi e la parola concorrente era relegata alla sfera del gioco privo di reale importanza.;

Alessandro Voltolin, La generazione sopita. Fight Club di David Fincher in "COSTRUZIONI PSICOANALITICHE" 1/2001, pp , DOI: