Questo volume si propone di iniziare un discorso di lettura in «contrappunto» che mette in luce i nodi epistemologici attuali, attorno ai quali ruotano le questioni psicopedagogiche infantili e i tentativi di risposta operativa che ad essi fanno da bilanciere.

A fronte di un diffuso orientamento empiristico, manca realmente una pedagogia della prima infanzia. E questo perché assente o largamente latitante è la definizione teorico/operativa verso cui essa sarebbe diretta; i vissuti educativi hanno espresso linguaggi conoscitivi tali da rendere conto di bambini, educatori e scene dell'educare,' ma è sostanzialmente rimasto irrisolto il problema fondamentale. Si tratta di capire che l'educazione non è un affare o di bambini, o di educatori, o di sfondi, ma una logica di interconnessione e relazionalità che sorpassa i termini della relazione stessa per localizzarsi sull'evento relazionale nella sua complessità.

Una cultura dell'infanzia non può passare se non attraverso discorsi fatti di «et» e rifugge i modi e le forme dei troppi -aut», dei distinguo che ora invece dominano il panorama scientifico.

In questo senso possiamo parlare di una educazione alla complessità come punto di partenza di un nuovo modo di importare i problemi pedagogici, più vicino alla realtà dei vissuti Istituzionali senza rinunciare al rigore scientifico che ad essa è richiesto.

Lino Rossi (Reggio Emilia, 1958) si è occupato di scienze umane secondo una prospettiva di tipo storico-critico. In modo particolare ha affrontato il pensiero del positivismo italiano, curandosi di analizzare l'estensione al campo umano e sociale del paradigma evoluzionistico. Su tale argomento ha pubblicato alcuni volumi e diversi saggi tra cui Innovazione e adattamento (Angeli, Milano, 1983). Attualmente si occupa dei rapporti fra scienze sociali e metodologie educative (Il Comune educatore, Bertani, Verona, 1988).