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La comunicazione finzionante

Giuseppe Mininni, Rodolphe Ghiglione

La comunicazione finzionante

Io, la televisione

Edizione a stampa

22,00

Pagine: 192

ISBN: 9788820493226

Edizione: 1a edizione 1995

Codice editore: 1243.18

Disponibilità: Fuori catalogo

Da tempo la televisione domina i mezzi di comunicazione sociale e non v'è chi non veda i radicali cambiamenti da essa prodotti nell'intero assetto dell'organizzazione culturale dell'umanità.

Questo libro indaga un fenomeno che negli ultimi tempi ha attratto l'interesse di psicologi sociali e di semioticisti, di esperti della comunicazione e di studiosi delle relazioni interpersonali e di gruppo: la spettacolarizzazione della realtà operata dalla messa in scena e dalla simulazione del dialogo in televisione.

Il talk show - qui esaminato nel suo programma idealtipico in Italia, il Maurizio Costanzo Show rende evidente il percorso che ha portato la televisione a trasformarsi da "finestra aperta" sul mondo a "occhio onnipotente" che regge l'universo, inglobando nella retorica del suo codice il grande potere costruttore di rappresentazioni e di immagini insito nella parola umana.

La conversazione esibita in Tv ha effetti terapeutici di massa, perché consente di soddisfare un bisogno di interazione, seppure nella forma illusoria di un mondo solo virtualmente condiviso. Inoltre il talk show attualizza il mito della democrazia diretta, evocando i fantasmi vuoti di un potere decisionale, ancorato più alle pulsioni degli individui che alle ragioni della comunità. Nel consumo di talk show l'uomo modula la sua partecipazione alla vita sociale, ora intrattenendosi nel piacere di una confidenzialità diffusa, ora cimentandosi in una dura dialettica argomentativa.

Il paradosso della comunicazione finzionante, resa trasparente dal talk show, consiste nel mostrare come l'uomo costruisca la sua libertà nel potere della parola e il suo asservimento nel potere sulla parola. Questo rituale magico dell'era televisiva propone un modello di uomo che tende a ridurre il suo ruolo di attore sociale nelle fattezze di una pura maschera enunciativa. Se la vita di relazione psicosociale è affidata sempre più ai formati autistici e totalitari del "veder parlare", gli individui e i gruppi rischiano di attivare processi di identificazione con modelli di personalità sintetiche, che li abituano a coltivare più gli aspetti artificiali del Sé che non il suo nucleo generatore di senso.

I talk show rendono visibile la trama della comunicazione finzionante, cioè un regime di discorsività in cui il virtuale fagocita a tal punto il reale da eliminarlo.

Prefazione, di Piero Amerio
Introduzione
Parte prima
La parola allo schermo
1. Le strategie del reality show
1.1. Premessa
1.2. Origine e natura dei reality show
1.3. Dinamica della neotelevisione
1.3.1. Una strategia del coinvolgimento
1.3.2. Una strategia dell'autenticità
1.3.3. Una strategia della realtà
1.3.4. Una strategia dell'aiuto e dell'intermediazione
1.4. Conclusione
2. Miti e spettacoli logocratici: la parola in TV
2.1. Premessa
2.2. Il mito della democrazia diretta per televisione
2.2.1. Giochi di immagini o l'io per immagini?
2.2.2. La democrazia diretta ovvero l'io alle allodole
2.3. Lo spettacolo di apparire enunciatori di senso
2.3.1. "Parla sempre, tu interessi!"
2.3.2. "lo parlo, dunque tu sei!"
2.4. Videocrazia e teledemocrazia
2.4.1 L'ordine del discorso per la democrazia
2.4.2. La teledemocrazia come atto linguistico
2.5. Chiacchierocrazia?
3. Il talk show come formato della comunicazione massmediale
3.1. Premessa
3.2. Poter parlare
3.2.1. La dia-logica dei poteri nell'enunciazione
3.2.2. Riti e sacerdoti dell'oralità secondaria
3.3. La simulazione del dialogo
3.3.1. Conversazioni virtuali e dialoghi virtuosi
3.3.2. Il talk show: un genere de-genere
3.3.3. Il talk show come discorso policontrattuale
3.4. Schemi di produzione-ricezione
3.4.1. Principi generali nell'impianto del talk
show
3.4.2. Linee specifiche di impianto del talk show
Parte seconda
Teatralizzazione della vita quotidiana
nel talk show italiano
4. Dissensi e consensi in scena: il "Maurizio Costanzo Show"
4.1. Premessa
4.2. Descrizione etnometodologica del MCS
4.2.1. Perché il "MCS"?
4.2.2. L'autorappresentazione del MCS
4.2.3. Il corpus
4.3. Il diatesto della produzione
4.3.1. Il MCS come incastro di "porte chiuse"
4.3.2. S.T.S.: la formula implosiva del MCS
4.4. La ritualizzazione visiva dell'interazione
4.4.1. Organizzazione scenografica e ancoraggi topologici
4.4.2. Presenza visiva
4.4.3. Distribuzione dei piani
4.4.4. Poste in gioco della visibilità
4.5. Il teatro come matrice enunciativa del MCS
4.5. 1. Prossemica del MCS
4.5.2. L'andamento canonico del MCS
4.6. Il diatesto della ricezione
4.6.1. Lo "spazio pubblico" del MCS
4.6.2. Il pubblico come effetto semiotico
4.6.3. Il ruolo enunciativo del pubblico
5. Il diatesto dell'evento
5.1. Introduzione
5.2. Chi parla e di che cosa sulla scena del MCS?
5.2.1. La composizione ossimorica del MCS
5.2.2. Tipologia degli intralocutori del MCS
5.2.3. La rappresentatività degli invitati al MCS
5.2.4. Caratterizzazione psico-sociale degli invitati al MCS
5.2.5. La rappresentatività degli scenari tematici
5.3. Contratti multipli
5.3.1. Alla ricerca dei profili comunicazionali
5.3.2. I giochi del circo conversazionale
5.3.3. L'animatore come Deus Discursivus
5.4. Le variazioni psico-socio-pragmatiche del MCS
5.4.1. L'ipotesi "Variatio delectat"
5.4.2. Le variazioni nella meccanica interlocutoria
5.4.3. Le variazioni nelle strategie argomentative
5.4.4. Le variazioni negli "effetti d'atmosfera"
5.5. Il potere all' (e sull') interlocuzione
6. Uno psicodramma italiano
6.1. Premessa
6.2. Tre cicli enunciativi
6.3. La messa in scena dell'universo di riferimento
6.4. "Buona notte, sipario!"
Conclusione
Postfazione
Appendice
Bibliografia



Contributi: Piero Amerio

Collana: Psicologia sociale

Argomenti: Politica, società italiana

Livello: Studi, ricerche

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