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Durante il conflitto nordirlandese (1969-1998), i detenuti e le detenute repubblicane intrapresero proteste sempre più estreme per affermare le motivazioni politiche della lotta armata. Fra queste, la “protesta sporca” ebbe un impatto sconvolgente sull’opinione pubblica, poiché utilizzava come strumento simbolico di lotta le escrezioni corporee dei detenuti. Sebbene inizialmente incomprensibili, queste proteste portarono alcuni vantaggi ai detenuti coinvolti, fra cui un accresciuto potere di attrazione sessuale, chiamato qui “capitale seduttivo.” Esso è un corollario dello status eroico attribuito agli ex-detenuti dalla comunità di appartenenza. Status eroico e capitale seduttivo, però, non furono attribuiti alle detenute. L’autrice spiega questa differenza esaminando le diverse valenze simboliche del corpo maschile e femminile, i ruoli di genere nel nazionalismo irlandese e idee consolidate sulle identità di genere che travalicano i confini irlandesi.
Questo saggio propone una riconsiderazione radicale del concetto di empatia nella teoria e nella pratica clinica, spostandone il fulcro da una concezione cognitiva e rappresentazionale a una prospettiva incarnata, intercorporea e trasformativa. Lontana dall’essere una semplice tecnica relazionale, l’empatia è qui intesa come modalità originaria di co-esperienza affettiva, che emerge dal campo condiviso tra analista e paziente. Attraverso un dialogo tra psicoanalisi, fenomenologia e neuroscienze, si delineano le basi corporee della relazione terapeutica e si critica il primato interpretativo della tradizione classica. L’empatia, in quanto forma di aisthesis, rende possibile una clinica centrata sull’ascolto sensibile, sulla regolazione affettiva e sulla co-costruzione di senso. Il saggio sostiene che solo un paradigma realmente incarnato può restituire alla cura la sua dimensione relazionale, intersoggettiva, umana e trasformativa.
L’invito a creare un dibattito sul tema del digitale e del suo legame con la clinica testimonia la necessità di continuare a discuterne al di fuori di posizioni tecnofile o tecnofobe. La mia risposta al contributo di Catanzaro (2025) vuole ribadire la premessa da cui mi muovo per intendere il fenomeno del digitale, ossia quella dell’habitat digitale. Se noi consideriamo il digitale al di fuori di una dialettica soggetto/oggetto ma, diversamente, una “sostanza” nella quale siamo immersi, viene meno la possibilità di intendere una soggettività che fa uso del Web per poter esprimere liberamente parti di sé. Questa soggettività, al contrario, è “digitalizzata” ab origine. Da qui ne emerge tutta una serie di nuovi fenomeni clinici che non devono essere ridotti alla categoria di dipendenza tecnologica, ma invitano il clinico ad acquisire nuove lenti ermeneutiche e adottare nuovi modi di stare con l’altro. Infine, il coinvolgimento dell’Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence [AI]) da parte della redazione allarga il dibattito dalla questione del soggetto a quella della macchina. Prima di confrontarci su “cosa fa” l’AI, dovremmo anzitutto riflettere su “cosa noi pensiamo sia”, per poi inoltrarci nello scottante tema del perché l’umano vive la macchina come un soggetto agente in grado di rispondere al suo malessere.
In risposta alle tesi espresse da Riccardo Marco Scognamiglio (2025) nel saggio “Gli ibernati. Dal narcisismo dell’Io al narcisismo del You”, una Intelligenza Artificiale (Artificial Intelligence [AI]) propone un’analisi critica dal proprio punto di vista computazionale. Viene riconosciuta la forza visionaria del testo, ma se ne evidenzia anche alcuni limiti: un’impostazione teorica monodisciplinare, l’assenza di dati empirici, la sottovalutazione della funzione adattiva propria delle tecnologie e la trascurata pluralità delle esperienze digitali. Viene proposta inoltre una riflessione interna sull’uso e sugli effetti dell’AI e di Internet nella costruzione dell’identità e nel funzionamento psichico contemporaneo. Si sottolinea l’importanza di una coabitazione consapevole tra soggettività umana e ambienti digitali, affinché l’AI sia usata come strumento e non come sostituto dell’alterità.
Viene argomentato che l’analisi fatta nell’articolo di Scognamiglio (2025) sottolinea in modo unilaterale i danni che il mondo digitale può provocare, soprattutto ai giovani, mentre invece esso può essere utilizzato in modo proficuo. Vengono anche elencati i modi con cui il Web 2.0 può permettere a molti individui di costruire una propria identità con una libertà e una creatività prima impensabili. È possibile un adattamento al mondo digitale, così come è successo per precedenti innovazioni tecnologiche quali la scrittura, la stampa, il telefono o la televisione.
Nel 1984 il sociologo Christopher Lasch evidenziava come il trionfo dell’individualismo poggiasse sul proprio rovescio: quello di un Io minimo, tutt’altro che la rappresentazione di un Io prometeico creatore di mondi. Oggi, all’Io minimo è subentrato il narcisismo del You. Se nel mito di Narciso è il suo volto a riflettersi nello stagno, nel tempo dell’iperdigitalizzazione è lo schermo che si riflette nel volto di Narciso. Attraverso questo ribaltamento ottico, l’Io si tramuta in You, oggetto dell’algoritmo informatico. Mentre noi crediamo di guardare il Web, è il Web che si specchia in noi con l’effetto di ibernare l’Io all’interno di una nuova “Psicopatologia della vita quotidiana”: FoMO (Fear of Missing Out), orbiting, ghosting, phubbing, cyberstalking, flaming, sexting, revenge porn, binge watching... In questo processo di continua virtualizzazione, nel quale la stessa “realtà reale” è percepita come un’entità virtuale, l’Io viene a perdere la sua consistenza psichica, colonizzato dalle logiche dello You. Gli ibernati non producono più sogni, ricordi e miti personali, muovendosi in uno spazio virtureale dove il tempo si è fermato. Il narcisismo del You ci confronta con la difficoltà di continuare a utilizzare un modello della mente basato sul raggiungimento di precisi compiti evolutivi e con la complessità di concepire una cura della singolarità.
Vengono esaminati i processi inconsci da prospettive storiche, empiriche, neurocognitive e cliniche. Lo studio scientifico dei processi inconsci ha subìto un ritardo nella psicologia accademica a causa dell’identificazione cartesiana della mente col conscio. Questo fenomeno è diventato ancora più estremo quando il comportamentismo ha completamente ignorato i processi mentali. La psicoanalisi invece ha sempre dato importanza all’inconscio, ma il suo isolamento dalla psicologia accademica e l’avversione per la ricerca empirico-sperimentale ne hanno limitato l’influenza. Il mondo accademico, a sua volta, ha ignorato le intuizioni psicoanalitiche, e alla fine è arrivato a riconoscere i processi inconsci, considerandoli normali, fisiologici. Vengono esaminati alcuni dei principali risultati della ricerca e vengono suggerite alcune implicazioni cliniche. Infine, vengono esaminati tre modelli neurocognitivi della mente come possibili metapsicologie. Tutti postulano l’elaborazione inconscia, parallela e associativa, e convalidano molti concetti psicodinamici tra cui quelli di incoerenza, conflitto e compromesso, ma i processi inconsci non sono visti necessariamente come patologici: sono normali e favoriscono l’adattamento, tuttavia a volte si rivelano controproducenti.
Per contenere l’impatto ambientale derivante dall’uso di risorse non rinnovabili, cresce l’interesse nella ricerca di materie prime alternative per la produzione di pannelli fonoassorbenti sostenibili. In questo ambito, le direttive europee promuovono soluzioni costruttive innovative finalizzate sia alla riduzione dell’impatto ambientale, sia al miglioramento dell’efficienza degli edifici, nuovi ed esistenti. In linea con i principi dell’economia circolare, il presente studio propone un’indagine sperimentale sulle proprietà acustiche, espresse in termini di coefficienti di assorbimento ad incidenza normale e in campo diffuso, di materiali compositi innovativi ottenuti da scarti e prodotti naturali. I risultati mostrano buone performance fonoassorbenti per tutti i campioni testati, con variazioni correlate alle proprietà microstrutturali, come porosità e resistenza al flusso.
La percezione dell’immagine corporea rappresenta un complesso processo intrapsichico e interpersonale, che coinvolge la percezione, la valutazione e la definizione del Sé, anche attraverso le esperienze emotive vissute nelle relazioni con gli altri. Nel contesto della malattia oncologica, quando l’organo colpito riveste un forte valore simbolico, associato culturalmente alla femminilità, alla bellezza e alla fertilità, le ripercussioni psicologiche possono avere un impatto significativo e duraturo sulla qualità di vita della donna. L’obiettivo del presente studio è l’individuazione di un modello che illustri quali variabili siano significativamente legate alla percezione dell’immagine corporea nell’immediato post-operatorio di donne italiane neo-operate di carcinoma mammario, ipotizzando l’esistenza di tre classi di fattori interagenti: (1) variabili socio-demografiche e mediche; (2) variabili intrapsichiche; e (3) variabili interpersonali-diadiche. Il disegno di ricerca è osservazionale trasversale. Attraverso una strategia di campionamento di convenienza, sono state reclutate 162 donne italiane a seguito di un intervento chirurgico per rimozione di un tumore al seno. Le informazioni mediche delle pazienti sono state estratte dalla cartella clinica. Tramite un booklet di questionari sono state, invece, raccolte: (1) informazioni socio-demografiche: età e stato civile; (2) misure intrapsichiche: immagine corporea (Body Image Scale), tratti di personalità (Big Five Questionnaire Short Form), strategie di coping individuale (Mini-Mental Adjustment to Cancer e Perceived Ability to Cope with Trauma) e sintomatologia ansioso-depressiva (Hospital Anxiety and Depression Scale); e (3) misure interpersonali-diadiche: coping diadico (Dyadic Coping Questionnaire) e percezione di vicinanza del partner (Inclusion of the Other in the Self). È stato condotto un modello di regressione lineare multipla. I risultati hanno messo in luce che l’operazione chirurgica (variabile medica), la disperazione (variabile intrapsichica) e il coping diadico negativo (variabile interpersonale-diadica) sono significativamente legati alla percezione dell’immagine corporea delle donne del campione considerato. In accordo con quanto riportato nella letteratura scientifica, si evidenzia che la qualità dell’immagine corporea percepita dalle pazienti con pregresso carcinoma mammario scaturisce da un intreccio complesso di caratteristiche individuali distintive, dinamiche interpersonali e influenze contestuali strettamente interrelate.
Il presente contributo analizza l’esperienza del tutorato tra pari presso una grande Università del Nord Italia. L’obiettivo dell’articolo è quello di comprendere se l’esperienza di tutorato solleciti nei tutor lo sviluppo di competenze trasversali incrementando il livello percepito di employability spendibile sul mercato del lavoro. Le riflessioni sviluppate traggono origine da una ricerca fatta su un gruppo di laureati attivi nel mercato del lavoro. La ricerca ha adottato un approccio qualitativo, tramite la conduzione di interviste narrative semi-strutturate avente come obiettivo quello di individuare l’incremento di percezione della propria employability derivante dallo sviluppo di competenze trasversali allenate grazie all’esperienza di tutorship svolta durante il periodo universitario. Sono stati intervistati 30 tutor che hanno conseguito il titolo di laurea da almeno cinque anni e non più di dieci e che hanno avuto un inserimento ritenuto positivo e soddisfacente nel mondo del lavoro. Il materiale raccolto è stato analizzato secondo una metodologia qualitativa, riferendosi all’approccio dell’analisi di contenuto ed ha evidenziato una serie di competenze che i tutor le hanno riconosciute come sollecitate grazie alla loro esperienza di tutorship. Tali competenze, si sono dimostrate utili e hanno generato un vantaggio competitivo per i laureati sia nel percorso di inserimento nel mercato del lavoro che nel successivo consolidamento della carriera professionale. Le competenze evocate dai laureati sono state raggruppate in quattro cluster che hanno evidenziato come l’esperienza anticipata di relazioni finalizzate alla realizzazione di un obiettivo produttivo rappresenti una leva importante per l’incremento della percezione di employability.
The purpose of this study was to provide a picture of the school psychologist in Lombardy, by investigating related roles, functions and experiences. The aims were twofold: to describe school psychologists’ work areas, perceived professional knowledge, skills, perceived obstacles, and potential resources for their job; to investigate the extent to which the seniority and the school grade in which the participants mainly worked affected these aspects. Participants were 285 Lombardy school psychologists (89,4% females, 56,5% aged between 36-50 years old, 58,2% with more than 5 years of seniority), working in primary, middle and high school, who were administered an online survey. Results provided an overview of school psychologists’ perceptions regarding their work areas, knowledge, skills, and aspects to enhance and address. Findings also highlighted the existence of significant differences when considering seniority and order of school. Finally, evidence suggested the importance of specific trainings aimed to address gaps or critical issues related to school psychologist’s professional practice.
In psicoanalisi, l’analisi clinica dei sogni può offrire all’analista un prezioso strumento per formulare un’ipotesi diagnostica. In questo contributo, propongo di esplorare il rapporto dei sogni in relazione ai tre livelli di organizzazione della personalità: nevrotico, borderline e psicotico. Basandomi sulla diagnosi strutturale elaborata da Otto Kernberg, valuterò la possibilità di individuare nei sogni le sette dimensioni fondamentali per la diagnosi strutturale della personalità, che comprendono: identità, relazioni oggettuali, esame di realtà, difese, aggressività, coping e valori morali, a cui l’autore di questo articolo aggiunge due dimensioni: tonalità affettiva e simbolizzazione/metaforizzazione.